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Lettere/ Gli italiani contribuirono allo sviluppo dell’Egitto

Geroge Nabil, guida turistica egiziana, ci fa scoprire l’importanza dell’emigrazione italiana in Egitto tra gli inizi dell’ottocento e il 1952.

La presenza italiana in Egitto risale a tempi molto remoti, inizia nei primi anni del XIX secolo. Quando i francesi si ritirarono dell’Egitto, il paese ritornò sotto il governo Turco. In quegli anni, sbarazzatosi dei Mamelucchi, prese il potere di Mohamed Ali il quale, mediante il pagamento di un tribute annuo alla porta, ottenne l’investitura perpetua dell’Egitto col titolo di Pacià, con diritto di trasmetterla ai suoi discendenti sotto la sovranità nominale della Turchia. Egli dette impulso al risanamento e al riassetto del Sistema amministrativo egiziano, dopo secoli di immobilismo feudale.

Mohamed Ali richiamò numerosi studiosi italiani da mettere al servizio del nascente stato egiziano : la ricerca del petrolio , la conquista del Sudan , l’ideazione e la costruizione della citta` Khartoum e la mappatura del delta del Nilo.

La corte reale di Ismael Pascia` era formata prevalentemente da Italiani Lo stesso Ismaeil si avvalse di architetti italiani per preteggere e costruire la maggior parte dei suoi palazzi, oltre che molti quartieri periferici del Cairo e l’Opera chediviale, che fu inaugurata dall’Aida di Giuseppe Verdi. L’Italia, inoltre, fu la destinazione scelta per l’esilio dell’ultimo re d’Egitto, Faruk e l’Egitto fu la destinazione scelta per l’esilio del penultimo re d’Italia, Vittorio Emanuele III

I contributi degli Italiani in Egitto:

egittoAll’emigrazione italiana in Egitto il maggior contributo venne dato, in un primo tempo, dagli israeliti di Toscana e dello Stato Pontificio. Poi vennero fin dal 1821 gli esuli politici, in gran parte massoni, che vi trovarono tranquillo asilo e costituirono un’élite di professionisti, tecnici, militari e artisti, élite che ebbe una notevole importanza nel processo di modernizzazione voluta da Mohammed Ali per la trasformazione dell’Egitto in uno Stato moderno. La presenza in Egitto di questi esuli (in tutto 5000 persone) ebbe anche importanti effetti duraturi nell’ambito della comunità italiana, come la nascita nel 1845 del primo giornale italiano in Egitto, “Lo Spettatore Egiziano”, e la creazione ad opera della Loggia Iside, nel 1858, di una scuola italiana ad Alessandria aperta non soltanto ai figli di italiani, ma anche agli egiziani.  Alla morte di Mohammed Ali, nel 1849, la comunità italiana contava non meno di 10.000 persone. La lingua italiana veniva usata dal Governo, dal mondo degli affari, e nelle relazioni fra i Consoli stranieri. Il primo libro stampato in Egitto, nella famosa tipografia di Bulacco, fu un dizionario italiano-arabo commissionato dal Vicere’ Mohammed Ali al suo autore, don Raffaele Zakkur.

A Risorgimento concluso, molti esuli scelsero di tornare in patria, mentre un discreto numero di essi rimase in Egitto e ad essi si aggiunse, intorno al 1860, una seconda ondata di emigranti di altre caratteristiche: ingegneri, tecnici ed operai attirati dai lavori in corso per la realizzazione del Canale di Suez. Molti dei quali, coinvolti in lavori successivi all’apertura del Canale, si stabilirono definitivamente nel paese.

Muhammad-Ali

Muhammad-Ali

Per continuare ad attrarre gli europei, ormai indispensabili per la trasformazione dell’Egitto, il governo egiziano non solo assicurò ad essi tranquillità e protezione, ma tollerò anche che le autorità consolari interpretassero e applicassero in senso molto largo i privilegi capitolari. Nel 1882, con il bombardamento di Alessandria, iniziò l’occupazione inglese dell’Egitto che durò quasi settant’anni. La comunità italiana, allora, si elevava a 18.000 persone di cui il 70% risiedeva ad Alessandria ed il restante 30% al Cairo.

Con la presenza degli inglesi iniziò l’arretramento delle posizioni italiane, sia nella lingua che negli impieghi nella Pubblica Amministrazione. Ma i grandi lavori pubblici (la prima diga di Assuan, la diga del Delta, i grandi ponti in ferro sul Nilo) attirarono ancora numerosissimi italiani, attratti dalle condizioni economiche più che favorevoli riservate agli europei.
Dai 35.000 italiani residenti in Egitto nel 1907, si passò ai 52.000 nel 1927, ma la comunità era ormai costituita per tre quarti di operai, i quali in moltissimi casi seppero trasformarsi in imprenditori e capi d’azienda di floridissime imprese di costruzioni.
La comunità italiana prosperò nella stima e nella grande considerazione degli egiziani e delle altre comunità europee, specie negli anni ’30-’39 quando il sostegno e il riconoscimento dall’Italia divenne consistente. Alla vigilia della 2a Guerra Mondiale, gli italiani residenti in Egitto erano circa 55.000.
Poi scoppiò il conflitto. L’Egitto era sotto la tutela dell’Inghilterra e l’Italia aveva dichiarato guerra all’Inghilterra. Ne conseguì l’internamento di tutti gli italiani adulti in campi di concentramento per civili per quattro lunghissimi anni.
Infine si ebbe la ripresa che durò soltanto sette anni. Nel 1952 i “liberi ufficiali” fecero voltare pagina definitivamente alla Storia dell’Egitto con il colpo di Stato, il rovesciamento della monarchia, le nazionalizzazioni, e il divieto alle società pubbliche e private di dar lavoro agli europei. Iniziò così il rimpatrio definitivo della comunità italiana d’Egitto i cui membri non si erano mai considerati nè comportati da colonialisti con gli egiziani, ma che, al contrario, consideravano l’Egitto una loro seconda Patria.
Nei 150 anni che vanno dal 1802 al 1952 molti italiani si sono resi celebri per la loro attività svolta in Egitto. E’ doveroso ricordarli anche se in Italia nessuno si ricorda più di questi connazionali che contribuirono fortemente a far nascere una grande amicizia tra italiani ed egiziani.

 

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